Curiosità

I capezzoli, le labbra e le ciglia di entrambe le statue di bronzo sono realizzate in rame, oltre che le tracce di una cuffia sulla testa del Bronzo B.

I Bronzi di Riace sono raffigurati nella posa a chiasmo, tipica dell’epoca greca classica.

Il loro stile esclude la fattura attica, ma rimanda a stilemi dorici, propri del Peloponneso e dell’Occidente greco.

In epoca romana, il Bronzo B fu danneggiato: si determinò la rottura del braccio destro, del quale, fatto unico a nostra conoscenza, fu eseguita una seconda fusione dopo averne fatto un accurato calco.

E’ certo che una nave trasportava i bronzi di Argo, ma non è detto che fossero soltanto due. Forse la nave apparteneva a un convoglio che trasportava un intero gruppo di statue, la cui sorte è ancora sconosciuta.

Le due statue raffigurano due opliti, anzi un oplita (Bronzo A) e un re guerriero (Bronzo B).

Le due statue vengono chiamate “A” e “B”, e ribattezzate a Reggio come “il giovane” e “il vecchio”, sono alte rispettivamente 1,98 e 1,97 m, e il loro peso è circa 160 kg.

I due Bronzi di Riace sono stati realizzati per essere guardati insieme, essendo volutamente molto simili, anche se non identici.

I Bronzi di Riace sono opere originali della metà del V secolo a.C., con somiglianze tra loro talmente evidenti da rendere sicura la loro ideazione e realizzazione da parte di un medesimo Maestro.

I bronzi furono ritrovati il 16 Agosto del 1972 presso la località Porto Forticchio di Riace Marina, apparentemente senza nessun reperto coevo nei dintorni. La vicenda del ritrovamento ha risvolti ancora non completamente chiariti.

La località del ritrovamento è posta presso un porto mai studiato scientificamente, ma che sembra essere attivo già dall’epoca greca.

Come hanno fatto i due bronzi ad arrivare nel mare della Calabria resta tuttora un enigma. All’inizio si ipotizzò che i due bronzi fossero stati gettati in mare dall’equipaggio di una nave in difficoltà per il mare grosso, ma nelle campagne di rilevamento successive si ritrovò un pezzo di chiglia appartenuta a una nave romana di età imperiale.

Il loro recupero fu eseguito con una leggerezza imbarazzante e con mezzi non appropriati, al punto che venne “dimenticato” sulla spiaggia un grosso pezzo di ceramica tardo antico, posto tra l’avambraccio destro e il torace del Bronzo A per impedire che il braccio stesso potesse danneggiarsi durante il trasporto.

Dopo il recupero, le statue vennero avviate a un primo restauro, che fu realizzato a tra il 1975 e il 1980 a Firenze, con gli obiettivi di pulizia e conservazione delle superfici esterne.

Le due statue sono state certamente eseguite ad Argo, nel Peloponneso, come ha dimostrato l’esame delle terre di fusione eseguito dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma.

Trattandosi di un gruppo di statue poste ad Argo, si ipotizza che i Bronzi abbiano a che fare con il mito dei Sette contro Tebe, narrato da molti poeti e tragediografi antichi, tra cui Eschilo.

Al momento del ritrovamento, le statue erano piene di terra, la cosiddetta terra di fusione, che, impregnata da secoli di salsedine, stava mangiandosi le statue dall’interno. La terra è stata estratta passando dai fori nei piedi grazie a ablatori dentistici ad ultrasuoni, pinze flessibili, spazzole rotanti, tutti controllati da microtelecamere che inviavano su un monitor immagini dell’interno delle statue, ingrandite da tre a sei volte.